Cei: “Quale educazione nei nuovi scenari culturali digitali?”

Chiesa, educazione e digitale. Intrecciare le tre rette a dovere è una delle sfide della modernità. Di un tempo presente nel quale le modalità di comunicazione si evolvono con frequenza rappresentando forse da un lato un fattore di eccessiva frenesia ma dall’altro un’indubbia frontiera di nuove opportunità di parlarsi, capirsi, conoscersi. L’attenzione all’aspetto della comunicazione era già uno dei perni su cui faceva leva il Concilio Vaticano II.

Monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’Università, lo ha sottolineato con forza e chiarezza nel seminario di studio intitolato “Quale educazione nei nuovi scenari culturali digitali?” svoltosi l’altro giorno a Torino .

A suo avviso la questione non è riducible al comprendere come “l’umano sopravvive in questa situazione digitale” ma si allarga al “come pùò essere sempre più umano”. Il digitale come strumento di evangelizzazione nelle mani dell’uomo e non l’uomo schiavo del digitale e, per questo, fortemente votato alla spersonalizzazione.

“Rimaniamo nella domanda- ha sottolineato .- come nella natura di questo seminario e sapendo che dobbiamo ragionare assieme, che nessuno può affrontare la complessità di questa situazione da solo.

Non basta un’unica o poche competenze, dobbiamo muoverci tutti insieme, noi riflettiamo sull’umano ma forse stiamo arrivando allo scenario dell’oltreumano, il nuovo scenario del metaverso è l’ibridazione uomo- macchina”. Una situazione nella quale, ha evidenziato l’arcivescovo di Torino, Roberto Repole, l’uomo non deve lasciarsi sfuggire dalle mani la propria capacità di discernimento “tanto più – ha aggiunto – se lo vediamo in chiave educativa”. Se da un lato “il mondo digitale ci rende tutti interconnessi”, dall’altro, evidenzia Repole, “potrebbe allentare i legami sociali autentici”.

Juan Carlos De Martin, ordinario di ingegneria informatica e co direttore del Centro Nexa su Internet e Società e vice rettore per la Cultura e la Comunicazione del Politecnico di Torino , ha sottolineato la velocizzazione dell’evoluzione che si riflette anche sull’aspetto educativo. Ma ciò non può tradursi in una sorta di smarrimento della missione educativa travolta da un ritmo che rischia di impedirle di riflettere seriamente sul suo senso e sulle sue opportunità di crescita.

Giuseppe Riva, ordinario di Psicologia generale e Psicologia della Comunicazione nonchè direttore dello Humane Technology Lab dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è esplicito: “non bisogna sostituire la comunità fisica cn quella digitale – ha affermato – ma aumentare il potere della comunità fisica attraverso lo strumento digitale”.

Perchè il ricorso alla tecnologia non divenga sempre di più una porta aperta verso l’isolarsi e il crescere della solitudine soffocando un autentico senso di comunità che è la sola strada per garantire un cammino armonioso all’umanità. Marina Marchisio insegna Matematiche complementari ed è esperta di didattica di emergenza e didattica digitale integrata dell’Università di Torino. A suo avviso gli ambienti digitali “mettono a disposizione risorse aperte a tutti, diverse e a vantaggio dell’economicità, dell’interazione e della varietà di propettive differenti”.

Un’opportunità che l’uomo può gestire con il suo patrimonio di razionalità ma anche di solidarietà senza esserne manovrato.

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